A Tahiti, secondo una tradizione locale, la pratica del tatuaggio avrebbe origine divina: creata da due figli del dio Ta’aroa con lo scopo di sedurre una loro sorella, che era custodita in un luogo segreto dalla madre per preservarne la verginità; la sorella, per il desiderio di farsi tatuare, si sottrasse alla sorveglianza della madre e realizzò il suo scopo. I due fratelli insegnarono poi questa pratica agli uomini, che trovandola decorativa ne fecero largo uso, sancendosi così come gli “dei del tatuaggio”.
Nella tradizione, invocazioni e immagini erano dedicate ai due dei, affinché l’operazione risultasse perfetta e le ferite si rimarginassero velocemente. Essa era finalizzata all’attrazione sessuale, all’esaltazione della vita, all’aspirazione a diventare dei, ma anche per segnalare la differenziazione sociale attraverso segni corrispondenti a ciascun “grado”. Ma più di ogni altra cosa il tatuaggio era spesso un segno distintivo, come la traccia di una grande impresa di guerra o di un avvenimento importante, e l’affermazione di una radicata e potente identità culturale.